Affrontare la realtà di un bambino con un disturbo neurologico, psicologico o motorio, è una sfida che potrebbe essere risolta solo se si tiene presente che questi non è un individuo isolato, ma un’entità biopsicosociale, in cui confluiscono tutti gli eventi che avvengono attorno a lui.
Va ricordato che, nei bambini, i disturbi neurologici o neuropsichiatrici sono molto comuni; basta citare il ritardo mentale, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, l’epilessia, le difficoltà di linguaggio, l’autismo e la paralisi cerebrale. D’altra parte, esiste un numero enorme di problemi minori dell’adattamento e della scolarizzazione, che, secondo le statistiche dell’OMS, è presente nel 15% della popolazione infantile considerata normale e le cui manifestazioni a volte sono difficili da riconoscere e, quindi, da prendere in carico.
Per spiegare le ragioni di questi disturbi, è, innanzitutto, importante considerare che un adeguato sviluppo del bambino avverrà solo se ci saranno determinate strutture anatomiche ed una certa organizzazione fisiologica che assicurino il funzionamento biologico elementare. E l’integrazione funzionale avviene solo nei periodi sensibili dello sviluppo nella considerazione che la stimolazione è essenziale per il mantenimento, lo sviluppo e la maturazione dei sistemi neurali. Inoltre, quando una specifica struttura non si è manifestata al momento giusto, è impossibile conseguirla visto che il periodo critico del suo sviluppo e del suo consolidamento è passato.
Periodo psicomotorio
Nel periodo psicomotorio il sistema nervoso si trova in un processo di maturazione, crescita e sviluppo. Ed è per questo motivo che i segni che ci informano di qualche disfunzione del sistema nervoso hanno un’enorme variabilità di espressioni e sono stabili da un giorno all’altro, ma molto raramente persistono nella loro forma originale e la maggior parte scompare o cambia il loro aspetto nel tempo. Inoltre, alcune disfunzioni neurologiche persistono nei primi anni senza manifestarsi. In questo momento della vita, il cervello è notevolmente modificabile per via della sua capacità di organizzarsi in base alle variazioni dell’ambiente: è quanto si chiama plasticità cerebrale. Inoltre, è in questo periodo che avviene la maturazione del cervello, cioè l’integrazione dei sistemi neuronali attraverso molteplici connessioni e la mielinizzazione cerebrale.
Dal punto di vista funzionale, è in questa fase della vita che le capacità adattive del bambino e dei genitori sono particolarmente evidenti e possono mettere in gioco molte risorse di aggiustamento reciproco per cui il bambino è una realtà affettiva e mentale in costruzione. Va poi sottolineato che agli inizi della vita i sistemi cerebrali si strutturano e si organizzano all’interno della relazione con la madre.
Pertanto, se è vero che in questo periodo si strutturano i sistemi cerebrali che determinano le funzioni affettive, motorie e cognitive, tuttavia vale la pena sottolineare l’esistenza della prevalenza della conformazione dei sistemi affettivi su quelli cognitivi.
Lo sviluppo psicomotorio del bambino, cioè l’espressività psicomotoria, si manifesta attraverso le qualità della sua azione, essendo il movimento la rappresentazione su cui si articola la sua storia personale, i suoi desideri e capacità. Così, il corpo costituisce lo spazio e il mezzo privilegiato per l’espressione di conflitti e desideri.
La maturazione del cervello
Dobbiamo tener conto, anche, di un campo ancora poco definito, quello riguardante i disturbi congeniti, che sono associati a fattori ambientali che interferiscono nello sviluppo dell’individuo e che li racchiude nei disturbi maturativi cerebrali e si manifestano come difficoltà psicomotorie, emotive, affettive e sociali.
Tali manifestazioni si presentano come uno sviluppo disomogeneo dell’affettività, della motricità, della cognizione o intelligenza, cioè un ritardo di qualche aspetto evolutivo dell’individuo. Sono bambini che non imparano a leggere velocemente come gli altri, hanno difficoltà ortografiche, goffaggine, scrittura illeggibile con molti errori in aritmetica. Sono individui che, a seconda delle situazioni, assumono comportamenti tra la normalità e la patologia.
Deficit attenzione e iperattività
Esiste un gruppo significativo di bambini che hanno difficoltà nel mantenere l’attenzione e il cui tratto predominante è l’iperattività; si può anche riscontrare agitazione, euforia, irritabilità e ansia. Inoltre, a causa della scarsa tolleranza alla frustrazione, possono manifestarsi aggressività e distruttività. A volte, il comportamento è imprevedibile, con reazioni drammatiche di fronte a stimoli piacevoli o meno in quanto, di solito, esigono una soddisfazione immediata.
Per quanto riguarda l’area emotiva si riscontrano stati disforici di tipo anedonico, per cui il bambino appare sempre insoddisfatto o incapace di provare piacere. Queste difficoltà comportamentali potrebbero essere considerate come una manifestazione riflessa di una risposta scarsamente controllata dalle regioni mediali e orbitali del lobo frontale.
La scarsa immagine corporea è dovuta ad una costante serie di fallimenti, di vissuti, disturbi visuo-motori, ecc., tutte condizioni che hanno determinato una percezione distorta di sé, del proprio corpo e del corpo umano in generale.
Riassumendo, Boscaini descrive il bambino irrequieto “agitato, turbolento, iperattivo e senza un vero rendimento a causa della labilità attentiva. Non sa concentrarsi su un compito e la scarsa organizzazione della sua attività è lo specchio del suo modo di pensare, piuttosto superficiale, pur essendo intelligente. Le relazioni sociali sono difficili e tese a causa del suo comportamento reattivo, aggressivo e impulsivo ”
In uno studio che abbiamo effettuato su 1.200 bambini che frequentavano i primi due anni di scolarizzazione in 40 scuole della città di Quito, riscontriamo che il 7,9% presenta questo disturbo con deficit di attenzione e iperattività.
La psicomotricità come parte della diagnosi e della presa in carico
Attraverso l’esame psicomotorio si cerca di comprendere la presenza di processi disfunzionali secondo una visione globale e interattiva, valutando non solo i disturbi motori e sensoriali in sé, ma anche le difficoltà espressive, relazionali, di comunicazione e di adattamento. Pertanto, l’esame psicomotorio non serve soltanto per avere un elenco delle difficoltà del bambino, ma per verificare i disordini del suo sviluppo psicomotorio e individuarne il disturbo reale e non quello apparente, a partire dal quale si stabilirà l’intero progetto terapeutico valorizzando le sue potenzialità che ne consentano la realizzazione. In tal senso, esso va effettuato tenendo conto dei fattori individuali e ambientali interagenti con la realtà dell’individuo e il suo grado di adattamento. La valutazione ha effetti di cambiamento, soprattutto se il motivo della consultazione costituisce una vera preoccupazione per i genitori, che devono essere aiutati a verbalizzarla.
In merito all’intervento, è fondamentale avere un approccio globale considerando la difficoltà sia dal punto di vista neurologico e psicologico e prevedendo un team di intervento multidimensionale e multidisciplinare.
Lo scopo è quello di facilitare lo sviluppo favorire un miglior benessere agendo sia a livello preventivo che di intervento. In conclusione, dato il concetto di plasticità cerebrale, con la psicomotricità ci si propone di modellare dei circuiti cerebrali al fine di favorire l’equilibrio fisico e psichico del bambino.
Relatore: Galo Pesántez Cuesta, pediatra e neuropsichiatra infantile e Monica Ríos Rodriguez, neuropsichiatra infantile, Delegazione OIPR, Quito (Ecuador)
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